Trifoglio Rosso e Menopausa

Trifoglio Rosso e Menopausa

Trifoglio Rosso e Menopausa

Trifoglio rosso
Il Trifoglio rosso si configura come la pianta con il più completo contenuto in fitoestrogeni; i suoi quattro isoflavoni, infatti, hanno un ruolo unico ed importantissimo nella biologia dell’organismo umano. La Biochanina A, la formononetina, la genisteina e la daidzeina, grazie all’attività estrogenica vengono oggi considerati i quattro isoflavoni base per la terapia ormonale sostitutiva (Journal of Steroid Biochemistry & Molecular Biology, 2001).
L’attività dei quattro isoflavoni contenuti nel Trifoglio rosso, rendono quest’ultimo un candidato naturale affidabile per la terapia sostitutiva ormonale in menopausa [6].
Il Trifoglio rosso o pratense è comunemente conosciuto con il nome inglese di “Red Clover” ed ha oggi fama di essere un potente fitormone.
E’ noto che la biochanina A, nell’organismo, viene trasformata in genisteina che è uno dei fitoestrogeni più conosciuti al momento e la formononetina in daidzeina. Nel fitocomplesso sono state rilevate anche significative quantità di vitamina E. Gli studi farmacologici e clinici indicano che gli isoflavoni del Trifoglio pratense sono attivi sui sintomi vasomotori della sindrome della menopausa e influenzano, bilanciando, le concentrazioni degli ormoni sessuali nelle donne nel periodo peri-menopausale. Osservazioni positive si hanno anche sulla modificazione della densità ossea, con riduzione della perdita di massa ossea a seguito della somministrazione a lungo termine di estratti standardizzati di Trifoglio rosso e Soja [5].
Infine, non meno importante, è l’influenza sul quadro lipidico e cardiovascolare concomitante alla menopausa: il trattamento con estratti di Trifoglio contribuisce alla prevenzione del rischio cardiovascolare associato a sbilancio estrogenico.
Per essere assimilati correttamente nell’organismo, gli isoflavoni devono essere idrolizzati in agliconi ossia separati dalla componente glucidica detta appunto glicone [6].
Ciò avviene grazie all’azione di speciali enzimi, le beta-glucosidasi; tuttavia il tratto gastrointestinale umano non produce da sé beta-glucosidasi, di conseguenza gli isoflavoni non possono essere resi biodisponibili; pertanto l’assunzione di alcuni microrganismi, ed in particolare di alcuni batteri lattici vivi che producono beta-glucosidasi è fondamentale per attivare il processo idrolitico necessario per l’assorbimento degli isoflavoni. Gli enzimi della flora intestinale saranno così capaci di liberare gli isoflavoni degli zuccheri (idrolisi), permettendone così l’assorbimento ed il passaggio nel sangue .

Isoflavoni di soia
Gli isoflavoni di Soja sono delle sostanze estratte dalle proteine della soia che presentano una struttura simile agli estrogeni e ne mimano anche le azioni fisiologiche. Lo studio di queste sostanze, e la loro applicazione terapeutica è stato indotto dall’osservazione che le donne asiatiche hanno minori problemi legati alla menopausa[3,5].
Studi comparativi hanno dimostrato che con circa tre mesi di terapia con isoflavoni, si hanno notevoli miglioramenti della sintomatologia, mentre i primi benefici iniziano a manifestarsi dopo un mese. I dosaggi raccomandati variano tra 60 e 80 mg al giorno perché rispetto ad altri fitoestrogeni sono dotati di attività estrogenica più elevata. Sebbene con minore affinità, essi si legano al recettore degli estrogeni, formando un complesso recettoriale che funziona in modo simile. Molte delle salutari proprietà degli isoflavoni sono ascrivibili all’azione estrogenica di genisteina e daidzeina, i due isoflavoni più importanti, e alla loro interazione con i recettori per gli estrogeni distribuiti in tutto l’organismo. La genisteina ha un’attività estrogenica 7 volte superiore a quella della daidzeina [3,5].
Gli isoflavoni presenti in natura nel momento in cui entrano nel sistema digerente subiscono una serie di trasformazioni che li rendono utilizzabili dall’organismo: diventano cioè biodisponibili. Si tratta di un passaggio di fondamentale importanza poiché i composti attivi non sono quelli presenti nelle piante, ma i relativi metaboliti, cioè le molecole che vengono prodotte dal nostro organismo partendo dal precursore vegetale. In natura gran parte dei fitoestrogeni sono legati ad una molecola di zucchero, formando i cosiddetti glucosidi inattivi (gliconi). Solo quando lo zucchero viene eliminato, attraverso l’azione litica della flora batterica presente nell’intestino, i composti (agliconi) acquistano tutte le caratteristiche nutrizionali che li contraddistinguono[3,5].

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“Testo tratto dal CAM Forza Vitale Itali srl su concessione della medesima azienda proprietaria Riproduzione riservata.”

 

Bibliografia: [1] T. Clavel, G.Henderson, C.A. Alpert, C. Philippe, L. Rigottier-Gois, J. Dore and M. Blaut – Intestinal Bacterial Communities That Produce Active Estrogen-Like Compounds Enterodiol and Enterolactone in Humans – German Institute of Human Nutrition
Potsdam-Rehbruecke, Department of Gastrointestinal Microbiology (APPLIED AND ENVIRONMENTAL MICROBIOLOGY, Oct. 2005, p. 6077–6085) | [2] Trevor J Powles, Anthony Howell, D Gareth Evans, Services – Red clover isoflavones are safe and well tolerated in women with
a family history of breast cancer – Breast Unit, Parkside Oncology Clinic, Wimbledon, London, UK (Menopause Int 2008;14:6-12 ) | [3] Tham D, Gardner C and Haskell W. Clinical review 97: Potential Health Benefits of Dietary Phytoestrogens: A review of the clinical, epidemiological,
and mechanistic evidence. J Clin Endocrinol Metab 1998; 83(7):2223-35 | [4] Isoflavone-Rich soy protein isolate attenuates bone loss in the lumbar spine of perimenopausal women”, by D. Lee Alekel, et al., American Journal Clinical Nutrition, pp. 844-852, 679-680, 2000 | [5] Soy Protein
and Isoflavones: their effects on blood lipids and bone density in postmenopausal women”, by Susan M. Potterm, et al., American Journal Clinical Nutrition., pp. 1375S-1379S, 1998. | [6] Soy Isoflavone Aglycones are Absorbed Faster and in Higher Amounts than Their Glucosides in
Humans”, by Toru Izumi et al., American Society for Nutritional Sciences, pp. 1695-1699, Oct. 1999.

 

 

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